Contrario alla riduzione del numero dei sistemi di videosorveglianza è invece il Ministero dell’Interno, che li ritiene un ausilio apprezzabile alla lotta contro la criminalità e l’illegalità.
Si trovano telecamere ai semafori, nelle stazioni, davanti alle banche o agli uffici pubblici e perfino nei cimiteri e davanti alle moschee.
Così Pizzetti osserva in modo assennato che «il punto di equilibrio è dato dal bilanciamento fra il bisogno di sicurezza e la paura di essere così controllati da perdere ogni libertà».
In sostanza si può essere disposti a rinunciare a una porzione della propria libertà di non essere riconosciuti, ma ovviamente a condizione che questo corrisponda a un autentico e reale aumento della protezione da parte dello stato.
Quello che resta indiscusso è la dimensione economica del business delle telecamere: tra nuove installazioni, manutenzione e controlli ogni anno il giro d’affari è di circa 1.700 milioni.
Con il problema che però, sovente, solo una percentuale ridotta delle telecamere posizionate è realmente funzionante.
A Napoli, che il Ministro dell’Interno Minniti auspicò un anno fa di trasformare nella città più videocontrollata d’Italia, solo la metà delle 440 videocamere collocate è effettivamente funzionante.
Un modo non proprio soddisfacente di impiegare i soldi delle tasse...
Tratto da Webmasterpoint.
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